Mercenari dell'ombra: gli shinobi al servizio dei samurai


Mercenari dell'ombra: gli shinobi al servizio dei samurai

Oltre Iga e Kōga

In un post precedente abbiamo ricostruito la storia delle comunità di Iga e Kōga, spesso definite — con una certa licenza poetica — “repubbliche di ninja”.

Le loro imprese sono le più celebri, ma il fenomeno degli shinobi non si limita a quelle due regioni.

Attività clandestine sono attestate in tutto larcipelago, e gli agenti coinvolti operarono spesso al servizio dei grandi signori feudali, contribuendo in modo decisivo alle loro campagne di conquista.

Criminali in casa

Questi mercenari dallidentità sfuggente avevano origini umili, e la loro comparsa nelle fonti è tuttaltro che limpida. Alcuni codici di leggi feudali — in particolare quelli dei clan Yūki e Sagara — offrono però indizi preziosi: si racconta di samurai che accoglievano malviventi nelle proprie dimore, offrendo loro sostegno in cambio di servigi segreti.

Nel Giappone medievale la casa di un guerriero era considerata inviolabile: nemmeno un daimyō poteva entrarvi senza una ragione formale. Ciò consentiva ai samurai di ospitare chiunque volessero, al riparo da occhi indiscreti.

Nel feudo degli Yūki la pratica degenerò al punto da richiedere pene severe, rivolte tanto ai proprietari terrieri che accoglievano criminali, quanto ai popolani che offrivano servizi notturni” ai guerrieri.


Prigionia e abusi

Presso i Sagara la situazione era ancora più drammatica: si arrivava al sequestro di persona e perfino al traffico umano. Alcuni samurai facevano entrare nelle proprie case malviventi disperati e li trattenevano con la forza. Accadeva soprattutto con le donne, costrette alla prostituzione, ma non mancavano casi di uomini ridotti in schiavitù e obbligati a compiere missioni pericolose per conto dei loro aguzzini.

Non conosciamo i dettagli dei singoli episodi, ma tutto lascia pensare che si trattasse di individui già avvezzi al crimine — ladri, assassini o spie di talento — caduti nella rete dei samurai a causa di debiti o guai con la legge.

La normativa emanata dal clan Sagara mirava a tutelare proprio queste vittime: chi denunciava i propri rapitori — e mandanti — otteneva il perdono per i reati passati e la protezione delle autorità.

Ma talvolta erano gli stessi signori feudali a comportarsi da briganti. È il caso di Takeda Shingen che, secondo fonti attendibili, avrebbe fatto rapire le famiglie di una trentina di criminali particolarmente abili, costringendoli così a mettersi al suo servizio. Quegli uomini diventarono informatori, corrieri e messaggeri, facendo da tramite tra i loro signori originari e i Takeda — naturalmente a beneficio di Shingen.

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Notte e giorno

Nel Bansenshūkai 万川集海 – un celebre manuale di strategia e spionaggio del XVII secolo – gli shinobi vengono tradizionalmente suddivisi in due categorie: innin 隠忍 e yōnin 陽忍. I termini richiamano i principi dello yin e dello yang, e indicano rispettivamente gli shinobi della notte” e quelli del giorno”.

I primi sono le figure a noi più familiari: operano nellombra, vestiti di scuro, portando a termine missioni di assassinio, sabotaggio o furto. I secondi, invece, agiscono alla luce del sole: sono spie incaricate di infiltrarsi nei villaggi o nei castelli fingendosi abitanti del luogo, per raccogliere informazioni o diffondere notizie false.

Erano questi ultimi i più numerosi, e il loro lavoro poteva essere svolto anche da donne: ciò che contava non era la forza fisica, ma la capacità di creare legami con persone e comunità.

Ninjack

万川集海

Vite in prestito

Quando occorreva travestirsi, la scelta dellidentità era cruciale: fingere di essere monaci richiedeva studio, mentre impersonare un mercante era più semplice, ma rischioso, perché i forestieri destavano sempre sospetti in un mondo chiuso e diffidente. I contadini, invece, erano insospettabili e onnipresenti — ma non si spostavano mai senza motivi seri, e bisognava dunque trovare una buona ragione per giustificare la propria presenza in un territorio sconosciuto.


Armi rurali

Anche alcune delle armi degli shinobi derivavano dal mondo contadino: attrezzi agricoli riadattati al combattimento.

Siamo abituati a immaginare i ninja come dotati di un arsenale infinito, ma è più plausibile che si procurassero gli strumenti sul posto — non costruendoli, bensì sottraendoli. Le vittime più “accessibili” erano proprio i contadini, che non potevano sorvegliare costantemente falcetti, bastoni, cappelli di paglia e altri utensili.

Kazo internet museum

武器武具 じり・槍先火縄銃

Attacchi dall'ombra

Gli shinobi notturni indossavano abiti scuri — non necessariamente neri, bastava evitare colori chiari — e preferivano agire nelle notti di luna, per avere un minimo di luce su cui fare affidamento. Tra gli obiettivi più semplici cera la distruzione delle risorse del castello preso di mira: contaminare le fonti dacqua, per esempio, poteva accorciare drasticamente la durata di un assedio; sappiamo da alcune fonti che gli abitanti in fuga dai castelli contaminavano i propri pozzi con feci di cavallo; è quindi plausibile che gli shinobi abbiano adottato strategie simili.

In altre operazioni, invece, gli infiltrati erano decine: in questi casi la scala dazione cambiava completamente. Gruppi numerosi erano impiegati per eliminare i castellani o fomentare rivolte a favore degli assalitori e aprire i cancelli dall'interno.

Questa attività era definita nottori 乗取 ed era particolarmente apprezzata dai samurai.

城人

94回【歴史】忍者は実在していた!? 合戦ではどんな活躍をしていたの?

Un confine frainteso

Il compenso per il lavoro era denaro o oggetti preziosi, ma chi si distingueva notevolmente poteva ricevere un terreno e diventare guerriero al servizio del signore feudale. A quel punto non era più uno shinobi, ma un samurai. Questo confine tra le due figure — così famose in Giappone e allestero — merita attenzione.

Molte informazioni sui presunti ninja al servizio dei daimyo contengono imprecisioni. Un caso noto è Hattori Hanzo, considerato da molti un ninja al servizio di Tokugawa Ieyasu. In realtà, Hanzo fu sempre un samurai; suo padre, invece, potrebbe aver svolto attività di spionaggio o incursioni prima di entrare al servizio di diversi signori, tra cui il nonno di Ieyasu. Quando gli shinobi si stabilivano nei feudi, con servi al seguito, non rimpiangevano la vita raminga, ma abbracciavano la stabilità: in un Medioevo segnato da carestie, guerre e calamità, poter vivere in sicurezza era un lusso da non sacrificare. Hattori Hanzō, quindi, non operò mai come ninja: combatté sempre in battaglia alla luce del giorno, non di notte tra i castelli assediati.

Il mito delle "famiglie di ninja"

Anche lidea di famiglie di ninja” è un mito posteriore. Nessun clan di samurai — Takeda, Hojo, Date o Tokugawa — si affidò a famiglie di incursori in nero per espandere il proprio dominio. Gli shinobi erano individui con un passato criminale, non membri di associazioni occulte né parenti.


La serie "House of Ninjas" su Netflix racconta di una presunta rivalità tra i Tawara (alias Hattori) e i Fuma, i primi al servizio dei Tokugawa e i secondi degli Hojo. In realtà, i primi erano samurai, mentre i secondi non esistono come famiglia storica. Il termine 風間Fuma” nelle fonti medievali non indica una casata di assassini, ma è semplicemente uno dei tanti modi con cui si indicavano gli shinobi nei feudi del clan Hojo. Alcuni esperti suggeriscono addirittura che si debba usare la parolaKazama”: sia la lettura che il significato sono quindi controversi.

Gli shinobi  erano figure pragmatiche e adattabili, diverse dall'immagine comune. La loro vita oscillava tra opportunità e rischi, intrighi e violenza, ma spesso mirava semplicemente alla sopravvivenza e alla stabilità.